1 OTT – Gentile Direttore,
queste le parole del giornalista Filippo Santelli pubblicate su “La Repubblica“ del 20/10/2020 nell’articolo: “Io, positivo a Nanchino. Mi hanno fatto esami di ogni tipo, prelevato cinque provette di sangue, tamponato ovunque, scansionato i polmoni. Sono classificato come caso di coronavirus “asintomatico” e spero proprio di restarlo. In Italia trascorrerei il decorso in isolamento domestico, ma questa è la Cina. Qui mi sottoporranno comunque a un ciclo di terapie, un farmaco chiamato Arbidol di cui non è dimostrata l’efficacia. Qui mi rilasceranno solo dopo due tamponi negativi. È il modello cinese, prendere o lasciare.”
Il resoconto, come quello ancor più drammatico del Direttore della Stampa Massimo Giannini, (solo per parlare di Suoi colleghi) ci dà contezza delle angosciose giornate che vivono, in tutto il mondo, i malati di Covid 19 e anche i contagiati da Sars-Cov-2. Ma Santelli evidenzia in modo particolare a quale mole di esami diagnostici è stato sottoposto per la gestione “cinese” del suo caso. Anche in Italia, però, dove non si procede d’ufficio alla somministrazione di farmaci non previsti dai protocolli, l’approccio diagnostico è fondato sull’esecuzione di esami che coinvolgono pesantemente anche i cosiddetti ”servizi”: Laboratori di Patologia Clinica e Microbiologia e Diagnostica Radiologica; le Farmacie ospedaliere d’altre parte sono fortemente impegnate nel coadiuvare le scelte terapeutiche.
L’evolversi tumultuoso della pandemia induce a cercare metodi alternativi al tampone molecolare (gold standard) per la diagnostica rapida e “fai da te” (test antigenico rapido, test salivare etc.) ma è obbligatorio tener presente per il corretto uso di tutti questi presidi (con sensibilità molto variabile ) i moniti del CDC:-“Professionisti di laboratorio che conducono test diagnostici o di screening per SARS-CoV-2 con test antigenico rapido devono inoltre essere conformi alle normative CLIA (Clinical Laboratory Improvement Amendments). Qualsiasi laboratorio che intende riportare i risultati dei test specifici del paziente deve prima ottenere un certificato CLIA e soddisfare tutti i requisiti per eseguire quel test.” (Interim Guidance for Rapid Antigen Testing for SARSCoV-2 ,Updated Sept. 4, 2020) ; dell’OMS (WHO Antigen-detection in the diagnosis of SARS-CoV-2 infection using rapid immunoassays ,Interim guidance 11 September 2020), oltre alle recentissime anticipazioni fornite dall’ISS e le indicazioni INMI (Coronavirus: quello che c’è da sapere – 19 ottobre 2020 a cura di Salvatore Curiale – Istituto Nazionale Malattie infettive “Lazzaro Spallanzani” IRCCS – Roma – © INMI 2020 : Come viene diagnosticata la malattia COVID-19?).Un’indagine eseguita per ESTAR-Toscana nel settembre scorso ha evidenziato che su 15 sistemi per test antigenici rapidi esaminati, quattro avevano una soddisfacente sensibilità nei confronti del “gold standard”, ma soltanto uno rispondeva a stringenti criteri di aderenza a quest’ultimo e “non è certamente adatto a un uso POCT a differenza degli altri sistemi valutati i cui test sono analizzabili visualmente o richiedono un lettore portatile “(verbale di valutazione).
Non dimentichiamo la “vox clamantis in deserto” del fondatore del modello Vo’ Euganeo , Prof. Crisanti , che fin dall’inizio di questa guerra epocale contro un nemico invisibile e allora totalmente sconosciuto, ha sostenuto l’importanza di eseguire tamponi molecolari, fornendo lo strumento per contenerne i costi e mantenere nell’alveo dei laboratori pubblici una diagnostica fondamentale per affrontare il virus Sars-Cov-2.
La gran parte degli studiosi è ora d’accordo nel sostenere che il vero campo di battaglia sia il territorio: l’esperienza dell’Emilia –Romagna, così ben descritta da Riccardo Iacona in una recente pubblicazione, sottolinea l’importanza di un’azione di contenimento gestita dai Dipartimenti di Prevenzione, ben collegati con i presidi di prossimità e i medici del territorio, per evitare l’afflusso massiccio negli ospedali di tutti coloro che non necessitavano di un ricovero ospedaliero.
L’AIPaC è un’area componente della FASSID, sindacato fortemente impegnato in tutti questi settori di Sanità pubblica, che rivendica il ruolo svolto dai suoi iscritti nel SSN nel fronteggiare la prima Pandemia di questo secolo: sappiamo che potrebbero essercene altre. Non teniamo nei cassetti i piani pandemici e soprattutto lavoriamo per il potenziamento di strutture così importanti, che sono state negli ultimi anni ingiustamente e drasticamente ridimensionate in nome di un risparmio che ha poi generato costi umani incalcolabili.
Come altri sindacati, chiediamo che gran parte dei fondi che sembra debbano essere destinati alla Sanità siano utilizzati per la revisione ed efficientamento di tutti i servizi territoriali e ospedalieri e soprattutto per la formazione e l’assunzione di personale: abbiamo un capitale umano e professionale che ha combattuto, sofferto, ha contratto la malattia (v.nella Regione Lazio il recentissimo cluster nel Laboratorio di Frascati), a volte non è tragicamente sopravvissuto, e necessita di sostegno e linfa nuova per continuare a mantenere in vita il nostro SSN, fondato sull’universalità, l’uguaglianza e l’equità.
Alessandra Di Tullio e Annarita Martini
FASSID Area AIPaC