Le Organizzazioni Sindacali della Dirigenza medica, veterinaria e sanitaria giudicano inaccettabile, nei toni e
nei contenuti, l’intervento al consiglio nazionale della Fials del dott. Venturi, Assessore alla Sanità dell’Emilia
Romagna, Presidente del Comitato di Settore che detta gli indirizzi per i contratti di lavoro del personale
dipendente del SSN, già Coordinatore di tutti gli Assessori regionali alla Sanità.
Un campionario di banalità, luoghi comuni, attacchi gratuiti, anche sul piano personale, invasioni di campi
che non gli competono, chiamata alle armi del conflitto interprofessionale, insulti ad una categoria cui pure
ha appartenuto, apologia della quantità in politica, alias del mercato elettorale. Un esercizio di bullismo
verbale al servizio di una visione della sanità, e delle sue categorie professionali, economicistica, e
bottegaia, dominata dalla ricerca spasmodica di lavoro a basso costo e reddito. Tanto, per la qualità dei
servizi ed il tempo di relazione ci sono i sistemi assicurativi o i punti coop.
Liquidato il tempo “in cui si sono riempiti gli ospedali di medici”, che poi è quello della Riforma sanitaria, i
quali “non potevano fare niente altro se non i medici”, tranne qualcuno votatosi a tempo alla politica, Venturi
rispolvera il sogno di ogni burocrate: ospedali (e territori?) senza medici, infermieri trasformati ex lege in
medici, ma pagati da infermieri, neolaureati promossi sul campo in specialisti, ma con le retribuzioni del
comparto, pensionati trascinati alla fontana della giovinezza per diventare ragazzi in carriera.
Il problema della sanità italiana non è, quindi, il de-finanziamento del Ssn, per quasi la metà scaricato sul
personale dipendente con il blocco del turnover e degli stipendi, il peggioramento delle condizioni di lavoro,
l’imbuto formativo che inghiotte le speranze dei giovani medici ed i soldi dei contribuenti. O, manco a dire, la
grande frattura nord-sud che la secessione dei ricchi, anche nella salsa light sostenuta da Venturi, rischia di
accentuare fino a spaccare il Paese. Ma i medici, che “non smettono di volere fare cose che non gli
competono” (“prelievi e endovenose”, “referti ecografici”, “prestazioni anestesiologiche”), divenuti “impiegati”,
chissà come e perchè, che, “senza essere minimamente intelligenti”, pretendono di continuare a fare la
anamnesi . Non c’è spazio per la centralità del loro lavoro o la gravosità e la rischiosità cui è esposto.
La nuova programmazione dei fabbisogni di personale, necessaria ad affrontare i cambiamenti organizzativi
e tecnologici, viene proposta come gigantesca politica di task shifting, che delegittima i medici in ruoli
marginali e residuali, come se la qualità, e gli esiti, delle prestazioni fossero indipendente dai profili
professionali e dal capitale formativo degli erogatori. Meglio liberarsi di medici intenti “sempre a lamentarsi
degli stipendi“ che, come ognun sa, crescono in progressione geometrica per graziosa elargizione del
Comitato di Settore presieduto dal dott. Venturi. Il quale, in una esterofilia che si ferma davanti al confronto
delle retribuzioni, non vede che senza la ripartenza degli stipendi tutti i professionisti saranno incentivati ad
andare dove le retribuzioni sono più alte, le condizioni di lavoro migliori e il merito premiato. All’estero o nel
privato. E, non essendo più di moda la rivoluzione del proletariato, sprona, come un novello Masaniello,
tecnici ed infermieri all’assalto, non del Palazzo di Inverno ma degli ospedali, ultimo baluardo dei medici,
promettendo, non si sa se a nome di tutte le Regioni, il sostegno della politica, la quale, dice, è affascinata
dai numeri. Ed inizia a lanciare una nuova forma di resistenza civile, il rifiuto di prelievi ed endovenose
praticati da un medico.
Non solo il futuro ma nemmeno politici e amministratori sono più quelli di una volta. Smarrita ogni etica della
responsabilità, si usano le tribune sindacali per esternare senza regola e limite. Ma i Medici e i Dirigenti
sanitari non sono un bersaglio facile ed immobile, come qualcuno dovrebbe avere imparato.
Valuti il Presidente Bonaccini se un tale pensiero, e linguaggio, esprime la politica sanitaria della sua regione
e se il Suo Assessore può ancora essere riferimento istituzionale per una categoria che non avrà la forza dei
numeri ma ha la competenze e le conoscenze che fanno la differenza tra salute e malattia, tra la vita e la
morte. Senza le quali semplicemente non esiste sistema sanitario.